La Santa Grande Martire Irene

Commemorata il 5 maggio

La Santa Grande Martire Irene visse durante il I Secolo e fino al battesimo ebbe il nome di Penelope. Era figlia del pagano Licinio, governatore della città di Migdonia (in Macedonia, o Tracia). Licinio costruì per sua figlia uno splendido palazzo separato, dove visse con la sua governante Karia, circondata dai suoi coetanei e dai suoi servi. Ogni giorno veniva da Penelope un tutore di nome Apeliano, che le insegnava le scienze. Apeliano era cristiano, e durante il tempo di studio raccontò alla fanciulla di Cristo Salvatore e le insegnò l'insegnamento cristiano e le virtù cristiane. Quando Penelope divenne un'adolescente, i suoi genitori iniziarono a pensare al suo matrimonio. In questo periodo della sua vita il Signore la istruì in modo miracoloso: verso di lei alla finestra volarono uno dopo l'altro tre uccelli: una colomba con un ramoscello d'ulivo, un'aquila con una ghirlanda e un corvo con un serpente. Apeliano, il tutore di Penelope, le spiegò il significato di questi segni: la Colomba, che simboleggia le virtù della fanciulla, l'umiltà, la mansuetudine e la castità, che porta un ramoscello d'ulivo, la grazia di Dio ricevuta nel Battesimo; l'Aquila, simbolo della sublimità dello spirito, raggiunta attraverso la meditazione su Dio, che porta una ghirlanda per la vittoria sul nemico invisibile come ricompensa del Signore. Il Corvo, tuttavia, portava il serpente ed era un segno che il diavolo si sarebbe sollevato contro di lei e le avrebbe causato dolore e persecuzione. Al termine della conversazione Apeliano disse che il Signore desiderava sposarla a Sé e che Penelope avrebbe sofferto molto per il suo Sposo celeste. Dopo questo Penelope rifiutò il matrimonio, accettò il Battesimo dalle mani del discepolo Timoteo, che era discepolo del santo apostolo Paolo, e fu chiamata Irene. Cominciò persino a sollecitare i propri genitori ad accettare la fede cristiana. La madre fu contenta della conversione della figlia a Cristo; il padre in un primo momento non ostacolò la figlia, ma poi cominciò a pretendere da lei il culto agli dei pagani. Quando però sant'Irene rifiutò fermamente e decisamente, Licinio infuriato diede allora ordine di legare la figlia e di gettarla sotto gli zoccoli di cavalli inferociti. I cavalli rimasero immobili. Ma uno di loro si staccò dall'imbracatura, si gettò addosso a Licinio, lo afferrò per la mano destra e gliela strappò dal braccio, poi fece cadere Licinio e cominciò a calpestarlo. Allora slegarono la santa fanciulla, e attraverso la sua preghiera Licinio in presenza di testimoni oculari si alzò illeso, con la mano intatta. Vedendo un tale miracolo, Licinio con sua moglie e molte persone, in numero di circa 3000 uomini, credettero in Cristo e si astenerono dagli dei pagani. Rinunciato al governo della città, Licinio si stabilì nel palazzo della figlia, con l'intenzione di dedicarsi al servizio del Signore Gesù Cristo. Sant'Irene però iniziò a predicare l'insegnamento di Cristo tra i pagani e li convertì alla via della salvezza. Viveva nella casa del suo maestro Apeliano. Avendo appreso ciò, Sedecio, nuovo governatore della città, convocò Apeliano e lo interrogò sul modo di vivere di Irene. Apeliano rispose che Irene, come gli altri cristiani, viveva in stretta temperanza, in costante preghiera e lettura di libri sacri. Sedecio convocò a sé la santa e iniziò a esortarla a cessare di predicare su Cristo e ad offrire sacrifici agli dei. Sant'Irene confessò fermamente la sua fede davanti al governatore, non temendo la sua ira, e si preparò a soffrire per Cristo. Per ordine di Sedecio fu gettata in una fossa, piena di vipere e serpenti. La santa trascorse dieci giorni nella fossa e rimase illesa, poiché un angelo del Signore la protesse e le portò da mangiare. Sedecio attribuì questo miracolo alla stregoneria e sottopose la santa a un crudele supplizio: ordinò di segarla con una sega di ferro. Ma le seghe si ruppero una dopo l'altra e non danneggiarono il corpo della santa vergine. Infine, una quarta sega fece arrossire di sangue il corpo della santa martire. Sedecio con derisione disse alla martire: "Dov'è dunque il tuo Dio? Se è potente, ti aiuti!" Improvvisamente si alzò un turbine, emise un lampo accecante, colpendo molti degli aguzzini, un tuono si abbatté e una forte pioggia cadde. Vedendo un tale segno dal Cielo, molti credettero in Cristo Salvatore. Sedecio non capì l'evidente manifestazione della potenza di Dio e sottopose la santa a nuovi tormenti, ma il Signore la conservò illesa. Alla fine il popolo si ribellò a dover guardare alle sofferenze della vergine innocente, insorse contro Sedecio e lo espulse dalla città. Dopo aver sostituito Sedecio come governatore, sottoposero ancora sant'Irene a vari crudeli tormenti, durante i quali per la potenza di Dio continuò a rimanere illesa, e le persone sotto l'influenza della sua predicazione e del suo compiere miracoli tanto più si convertirono a Cristo, essendosi allontanati dal culto degli idoli senz'anima. Oltre diecimila pagani furono convertiti da sant'Irene. La santa andò dalla sua città natale Migdonia a Kallipolis, e lì continuò a predicare Cristo. Il governatore della città di nome Babadonos sottopose la martire a nuove punizioni, ma vedendo che la santa rimaneva illesa, tornò in sé e credette in Cristo. Insieme a lui credettero un gran numero di pagani, i quali ricevettero il santo Battesimo dal discepolo Timoteo. Dopo questo Sant'Irene si stabilì in altre città della Traci, Costantino e poi Mesembro, predicando Cristo e operando miracoli, guarendo i malati e soffrendo per Cristo. Nella città di Efeso il Signore le rivelò che si avvicinava il tempo della sua fine. Allora sant'Irene, in compagnia del suo anziano maestro Apeliano e di altri cristiani, uscì dalla città in una grotta collinare e, dopo essersi segnata con il segno della croce, vi entrò, avendo ordinato alle sue compagne di chiudere l'ingresso della grotta con una grossa pietra, cosa che fecero. Quattro giorni dopo, quando i cristiani visitarono la grotta, non vi trovarono il corpo della santa. Così riposò la santa Gran Martire Irene.