I quarantacinque martiri della città armena di Nikopolis


Commemorati il 10 luglio

I quarantacinque martiri della città armena di Nikopolis soffrirono durante il regno dell'imperatore Licinio (307-324), allora co-reggente con Costantino il Grande. Licinio perseguitò ferocemente i cristiani e nei suoi distretti orientali dell'impero emanò un editto per mettere a morte chiunque non avesse acconsentito a tornare al paganesimo. Quando iniziarono le persecuzioni a Nikopolis, più di quaranta perseguitati di Cristo decisero di comparire volontariamente davanti ai loro persecutori, per confessare apertamente la loro fede nel Figlio di Dio e accettare il martirio. I santi confessori erano guidati da Leonzio, Maurizio, Daniele, Antonio e Alessandro, e si distinguevano per la loro vita virtuosa. L'egemone-procuratore del distretto armeno, Licio, davanti al quale si presentarono i santi confessori, fu stupito dalla franchezza e dal coraggio di coloro che volontariamente si condannarono alla tortura e alla morte. Cercò di persuaderli a rinunciare a Cristo e offrire sacrifici agli dei pagani, ma i santi rimasero saldi. Confutarono tutte le argomentazioni del governatore, additandogli tutta la falsità della fede negli dei pagani disgustosi e pieni di vizi, che portano alla rovina coloro che li adorano. L'egemone-procuratore diede ordine di picchiare i confessori sul viso con pietre, quindi incatenarli e imprigionarli. In carcere i santi si rallegravano e cantavano i salmi di Davide. San Leonzio ispirò e incoraggiò i fratelli nella fede, preparandoli ad accettare nuove torture per la vera fede e raccontando loro il coraggio di tutti coloro che in precedenza avevano sofferto per Cristo. Al mattino, dopo il ripetuto rifiuto di offrire sacrifici agli idoli, i santi furono nuovamente sottoposti alla tortura. San Leonzio, vedendo l'intensa sofferenza dei martiri e preoccupato che alcuni di loro potessero crollare nello spirito e perdere la fede, pregò Dio affinché potesse vedere una rapida conclusione della questione per tutti. Quando i santi martiri cantavano i salmi a mezzanotte, improvvisamente apparve loro un angelo del Signore e la prigione risplendeva di luce. L'angelo dichiarò ai martiri che la loro impresa era vicina alla fine e che i loro nomi erano già scritti in cielo. Due delle guardie carcerarie, Menea e Virilade, videro ciò che stava accadendo e credettero in Cristo. La mattina seguente il governatore decise di mettere a morte i martiri testimoni di Cristo. Dopo torture bestiali li bruciarono nel fuoco e le loro ossa gettarono in un fiume (+ c. 318). Le persone pie le trovarono, le raccolsero e le salvarono. Più tardi, concessa la libertà alla Chiesa di Cristo, in questo luogo fu edificata una chiesa in nome dei santi 45 Martiri.